PRINCESS OF WATERLAND

Sono una regina. Non lasciatevi fuorviare dalla prima impressione. Per essere una regina bisogna avere virtù che non corrispondono a quelle tenute di solito in considerazione. Generosità e fermezza. Capacità di comprendere e determinazione. Senso di giustizia e magnanimità. Si è regina dentro, non fuori. La leggiadria non serve, in questo caso. A una regina si addice assai di più una serena e continua preoccupazione. Regina di cosa? Che importa? Sono una regina.
 
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Esiste un paese dove terra e acqua determinano lo stile di vita degli uomini e delle donne che la abitano: il Bangladesh.
Una terra che sprofonda nell’acqua per il trenta per cento del suo territorio. Non è una terra facile, e le condizioni sanitarie dovute alla paradossale scarsità di acqua potabile sono spesso tragiche.
In questa situazione già così disperata, la condizione delle donne è assai più difficile di quella degli uomini.
Vite spesso consumate a servire prima il padre e poi il marito, in uno stato di perenne sottomissione. Molte accettano passivamente il loro destino, altre invece prendono coscienza della loro condizione e scelgono la “libertà” uccidendosi in modo atroce, spesso con il veleno per topi. Gesti di disperazione in un mondo in cui perfino il minimo cambiamento sembra impossibile.
Gesti estremi, decisioni tormentate, desiderio di non piegarsi alla rassegnazione, come è accaduto a una madre che, dopo aver chiesto alle dottoresse di curare la sua bambina da un’escrescenza che le deturpava il viso (impedendole quindi un buon matrimonio) e dopo averla vista guarire, si è ripresenta alla porta “offrendo” la sua bambina affinché venisse portata in Italia. L’unica cosa che lei poteva offrirle era una vita uguale alla sua e avrebbe preferito separarsi per sempre dalla sua bambina pur di darle una via di fuga, un futuro migliore.
Queste donne meravigliose, con lo sguardo colmo di dignità, non hanno scelta. Non di rado sono costrette a sposarsi a tredici o quattordici anni – nonostante vi sia una legge che vieta i matrimoni fino alla maggiore età – e spesso diventano mogli di uomini assai più vecchi di loro o magari deformi. Sono vittime di abusi di ogni genere, e quando si azzardano a fare una denuncia si ritrovano da sole, abbandonate, emarginate, destinate a una vita di strada, in un mondo in cui non hanno alcun diritto, dove tutto ciò che sono chiamate a fare è generare figli e servire gli uomini.
Queste donne, bambine, ragazze, anziane… Queste principesse dagli abiti sgargianti e dagli sguardi antichi, hanno un lungo cammino da fare: devono prendere coscienza che questo mondo di terra e di acqua può iniziare a essere migliore anche per loro.

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IL RESPIRO DI POVEGLIA

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Una piccola barca avanza, lenta, nella nebbia. Verso un destino. Da Malamocco, dove la vita ha trovato una sua strada, attraversando il canal Orfano, verso l’isola di Poveglia.
 Già dal canale, in fondo, quel destino è l’assenza. 
(...) Poveglia, le sue stanze vuote, la sua storia, le sue leggende.